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Dokumente und Erinnerungen

Renata
Giovanoli-Semadeni
18.02.19 - 04:30 Uhr

Das Zusammenleben der Sprachen und Kulturen in Graubünden: Das ist das Thema der Kolumne «Convivenza», die wöchentlich in der «Südostschweiz» und der romanischen Tageszeitung «La Quotidiana» publiziert wird.

Vor Kurzem sah ich zwei Dokumentarfilme über das Bergell. Sie stammten aus den Jahren 1968 und 1972, also aus der Zeit meiner Kindheit. Im Vergleich mit der heutigen Lage fallen verschiedene Änderungen auf. Auf der Strasse fuhren viele Fiat 500 und kleine Motorräder der italienischen Arbeiter, die in die Schweiz kamen, um auf den Baustellen zu arbeiten. Vicosoprano besass schon seine Umfahrungsstrasse, während Lawinen von Autos, Motorrädern und Lastwagen noch durch die anderen Dörfer fuhren, wo die Strasse teilweise noch nicht asphaltiert war.

Am meisten aber berührte es mich, die Gesichter von Menschen wiederzusehen, die uns schon lange verlassen haben. Zu ihnen gehörte der alte Forstmeister Jakob. Als wir noch klein waren, erklärte er uns, dass man die Quappen nicht aus dem Teich nehmen sollte, um sie in eine Vase hineinzutun, weil sie dann nicht überleben würden. Jahrelang war er der Archivar unserer Gemeinde; dieses Amt erbte ich dann von ihm, und es gab mir grosse Zufriedenheit und die Möglichkeit alte Texte kennenzulernen und über unsere Geschichte Neues und Anregendes zu erfahren.

Im Film sieht man auch der Bauer Emilio, Vater zweier Schulfreunde von uns, der auf seinem Pferdewagen mit dem Hund vorbeifährt. Ich erinnere mich daran, wie er morgens am Samstag die Müllsäcke einsammelte, die er dann auf den Wagen zwischen die Holzkanten hinwarf, während das treue Pferd den Wagen zog.

Auf der Strasse erkennt man auch Antonietta, mit der Einkaufstasche in einer Hand und mit dem Stock in der anderen. Sie wohnte in Ca d’Martin. Ich erinnere mich, dass ich als Kind sie für etwas böse hielt. Tatsächlich: Als wir abends in ihrem Dorfviertel Verstecken spielten, schimpfte sie uns aus; sie meinte nämlich, dass wir die Holzstapel umkippen würden, die hinter den Mäuerchen oder unter den Aussentreppen standen. Heute habe auch ich einen Holzofen sowie Holzvorräte unter dem Hausbalkon; da verstehe ich Antonietta vollkommen.

Jemand, den man nicht vergessen kann, ist Bruno, der damalige Schmied und Grossvater des heutigen Schmieds. Bruno wirkte auch als Hufschmied. Ich hatte die Gelegenheit, ihn beim Arbeiten zuzusehen, als er mithilfe seines Sohnes Ezio in seiner Werkstätte am Dorfeingang ein Pferd beschlug. Er arbeitete sehr viel; in seiner Jugend spielte er aber am Wochenende in der Band «Chi fa meno» («Wer weniger tut»). Dieser Name sagt alles; er lehrt, dass es im Leben wichtig sei, Pause zu machen und sich zu entspannen, und zwar noch besser in guter Gesellschaft. Wenn Bruno ins Restaurant ging, pflegte er zu sagen: «Wir essen selten, aber dann soll es viel sein und gut schmecken!».

Viele dieser Menschen hatten nicht lange Studien gemacht. Sie hatten zwei oder drei Jahre ausserhalb des Tales verbracht, um eine Lehre, die Landwirtschaftsschule in Landquart (die Männer) oder die Bäuerinnenschule in Schiers zu besuchen; dann kehrten sie ins Tal zurück, lebten einfach und anspruchslos, waren aber gross und schön in ihrer Echtheit.

Renata Giovanoli-Semadeni ist Redaktorin des «Almanacco del Grigioni Italiano» für das Bergell. Sie widmet sich leidenschaftlich der Pflege der Bergeller Mundart.

 

Documentari e ricordi

Ultimamente ho visto due documentari sulla Bregaglia che risalgono al 1968 e al 1972, gli anni della mia fanciullezza. Confrontando queste riprese con la situazione odierna, saltano agli occhi diversi cambiamenti. Sulla strada passavano tante Fiat 500 e molte Lambrette degli operai italiani che entravano in Svizzera per lavorare sui cantieri. Vicosoprano aveva già la circonvallazione, mentre gli altri villaggi erano attraversati dalla valanga del traffico di macchine, motociclette e camion che circolavano sulla strada, in parte non ancora asfaltata.

La cosa che più mi ha colpito, però, è stato rivedere le facce di persone che ormai ci hanno lasciati da diversi anni. Fra loro il vecchio forestale Jakob, che, quando eravamo piccoli, ci aveva spiegato che non era giusto prelevare i girini dal laghetto per tenerli in un vaso, perché sarebbero morti. Per diversi anni è stato l’archivista del nostro comune, un incarico che io ho da lui ereditato e che mi ha dato tante soddisfazioni e la possibilità di consultare vecchi scritti e imparare cose nuove e interessanti sulla nostra storia.

Nel filmato si vede Emilio, contadino e padre di due nostri compagni di scuola, che passa sulla strada principale, seduto, assieme al suo cane, sul carro trainato dal suo cavallo. Mi ricordo che il sabato mattina, quando tornavamo da scuola, lo vedevamo raccogliere i sacchi dell’immondizia che gettava sul carro con le sponde di legno trainato dal fedele cavallo.

Sulla via si riconosce anche Antonietta, con la borsa della spesa in una mano e nell’altra il suo bastone. Lei abitava a Ca d’Martin e mi ricordo che da bambina pensavo che fosse un po’ cattiva. Infatti, se la sera andavamo da quelle parti a giocare a nascondino, ci sgridava, perché diceva che facevamo cadere le pile di legna che si trovavano dietro ai muretti o sotto le scale di sasso. Oggi, avendo anch’io una stufa a legna e delle pile di scorta sotto il balcone di casa, la capisco perfettamente.

Una persona che non si può dimenticare è Bruno, il vecchio fabbro, nonno del fabbro di oggi, che faceva anche il maniscalco. Ho avuto l’occasione di vederlo al lavoro, mentre, aiutato dal figlio Ezio, ferrava un cavallo nell’officina che si trovava all’uscita del paese. Era un grande lavoratore, ma quando era giovane, durante i fine settimana suonava nella bandella chiamata la «Chi fa meno». Questo nome dice tutto e insegna che nella vita è importante prendersi momenti di pausa e rilassarsi, ancora meglio se in buona compagnia. Quando andava al ristorante diceva: «Quel poco che mangiamo, è bene che sia tanto e buono!»

Molti di loro non avevano fatto grandi studi. Avevano passato fuori valle due o tre anni per fare un apprendistato o per frequentare la scuola agraria a Landquart, gli uomini, e la scuola delle contadine a Schiers, le donne. Poi tornavano in valle, vivevano una vita semplice, senza tante pretese, ma erano grandi e belli nella loro autenticità.

Renata Giovanoli-Semadeni è redattrice dell’«Almanacco del Grigioni Italiano» per la Bregaglia. Si dedica con passione alla cura del dialetto bregagliotto.

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